The Mountain Touch

Area 4

Zheng BoBio

Nato a Pechino e di base a Hong Kong, Zheng Bo è un artista ecoqueer di etnia Bai. Attraverso il video, il disegno, la performance, la scultura, la danza e il cinema, Zheng Bo esplora e coltiva nuove forme di parentela con il mondo vegetale. Caratterizzate da una forte vocazione ecologica, le sue opere mirano a interferire con il pensiero antropocentrico, decostruendolo attraverso visioni ed esperienze che mettono al centro una coscienza multispecie e nuove forme di relazione con il mondo vivente e non vivente.
Nel corso degli anni, l’artista si è dedicato allo studio delle piante, seguendo gli insegnamenti di esperti di biologia e botanica e creando rituali artistici e quotidiani che si concentrano sulla cura interspecie.
L’opera Mountain Massage, originariamente ideata in occasione della sua recente mostra personale presso la Göteborgs Konsthall, è concepita come una spa all’interno della quale il pubblico può vivere un’esperienza di benessere a diretto contatto con una serie di materie naturali provenienti dai territori montani del Trentino.
Sdraiato sul lettino, a occhi chiusi, il visitatore che accoglie l’invito alla pratica terapeutica è chiamato a indossare, toccare e interagire con elementi come pietre, corteccia e muschio.
Nel proporre un tipo di pratica apparentemente poco diversa da quella che si vive passeggiando in montagna, Zheng Bo sottolinea l’esigenza di riscoprire una forma di vita risonante, attenta e consapevole, nella quale lo stare-in-relazione è esperienza vibrante di riattivazione e rigenerazione, al tempo stesso fonte e pratica per la cura da e verso il mondo.

Zheng Bo

Mountain Massage, 2024
Installazione

Courtesy l’artista e Kiang Malingue, Hong Kong

Superfici naturali ed effetti antistress

Alcuni studi indicano che toccare il legno o le foglie di una pianta può stimolare indirettamente il sistema nervoso parasimpatico e produrre un’azione vagotonica, con un effetto anti-stress misurabile.
Nonostante la ricerca scientifica in questo ambito sia limitata, i lavori reperibili in letteratura concordano nel rilevare diversi benefici in risposta agli stimoli tattili che il legno può procurare, soprattutto in confronto con altri materiali artificiali1-2. Uno studio pioneristico sugli effetti della stimolazione tattile sulla fisiologia umana ha mostrato significative variazioni della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca in seguito al contatto con acciaio e altri materiali, variazioni viceversa non rilevate con il legno3. Anche una ricerca successiva ha confermato questo effetto neutro del legno rispetto a materiali artificiali, anche riscaldando le superfici da toccare: se il contatto con alluminio o plastica aumentava la pressione sanguigna, ma tale aumento era inibito se i materiali venivano riscaldati, la pressione sanguigna non cambiava in risposta al contatto con manufatti in legno, anche senza riscaldamento4.
Più recentemente, è stato dimostrato come toccare con il palmo delle mani e con la pianta dei piedi il legno di certe specie arboree (per esempio, il cipresso giapponese) induca effetti sull'attività cerebrale, rivelati attraverso la concentrazione di ossiemoglobina nella corteccia prefrontale, e sull'attività nervosa autonoma, misurata attraverso la variabilità della frequenza cardiaca, detta HRV, contrariamente a quanto avviene toccando il marmo5.
Negli studi che indagano l’effetto della presenza di manufatti in legno in ambienti controllati, gli stimoli prodotti dalla componente tattile e da quella olfattiva si combinano, ed è quindi difficile isolare il contributo del singolo stimolo. La presenza di legno accessibile al tatto, come pannelli in legno, arredi ecc., implica infatti in generale una contestuale stimolazione olfattiva procurata dai composti organici volatili rilasciati in aria dal legno stesso6.
Gli studi eseguiti in ambienti controllati possono facilmente essere traslati agli ambienti forestali: il tocco del legno degli alberi con le mani, ed eventualmente la possibilità di calpestare a piedi nudi il suolo, coperto di foglie e radici, possono essere considerati funzionali rispetto ai benefici per la salute derivanti dall’immersione in foresta.


— Francesco Meneguzzo, Federica Zabini

Istituto per la BioEconomia, CNR – Sesto Fiorentino (FI) CAI Comitato Scientifico Centrale

  1. S. R. Bhatta, K. Tiippana, K. Vahtikari, M. Hughes, M. Kyttä, “Sensory and emotional perception of wooden surfaces through fingertip touch”, Frontiers in Psychology, 8, 2017. LINK→
  2. H. Ikei, C. Song, Y. Miyazaki, “Physiological effects of touching coated wood”, International Journal of Environmental Research and Public Health, 14(7), 2017. LINK→
  3. T. Morikawa, Y. Miyazaki, S. Kobayashi, “Time-series variations of blood pressure due to contact with wood”, J Wood Sci, 44, 1998, pp. 495–497.
  4. S. Sakuragawa, T. Kaneko, Y. Miyazaki, “Effects of contact with wood on blood pressure and subjective evaluation”, J Wood Sci, 54, 2008, 107–113. LINK→
  5. H. Ikei, C. Song, Y. Miyazaki, “Physiological effects of touching wood”, International Journal of Environmental Research and Public Health, 14(7), 2017, 801. LINK→
  6. H. Ikei, C. Song, Y. Miyazaki, “Physiological effects of touching hinoki cypress (Chamaecyparis obtusa)”. Journal of Wood Science, 64(3), 2018, pp. 226–236. LINK→

Vera PortatadinoBio

La ricerca di Vera Portatadino è da sempre fortemente influenzata da un rapporto intimistico con la natura. Le sue opere sono la trascrizione pittorica di esperienze corporee ed emozionali vissute in occasione delle passeggiate all’interno di ambienti boschivi, prati e territori montani, così come il frutto di un personale interesse per le scienze naturali e per l’osservazione al microscopio della natura.
Nata e cresciuta in una casa circondata da laghi, boschi e scenari prealpini, ha maturato l’interesse per un’indagine della realtà in quanto dimensione mutevole, nella quale umano e altro dall’umano sono in costante dialogo e divenire.
Immersa nel febbricitante groviglio biologico dell’esistenza e aperta all’esplorazione attenta di tutto ciò che le sta attorno, come insetti, piante, volatili e animali. Vera Portatadino sviluppa intimamente e fisicamente quella che il sociologo tedesco Hartmut Rosa definirebbe come “esperienza risonante”: una forma di relazione specifica nella quale soggetto e mondo, in questo caso montagna, spinti a comunicare attraverso la propria “voce”, si “toccano”, e stimolati a vibrare, si trasformano reciprocamente.
I riferimenti figurativi che compaiono nelle sue tele fanno riferimento ora a elementi reali (specie botaniche o animali dei luoghi vissuti), ora a presenze simboliche (varietà vegetali in via di estinzione a causa del surriscaldamento globale che le permettono di sollevare tematiche ecologiche), ora a riferimenti storici (alcuni dettagli rimandano alla Storia dell'Arte, in particolare quella italiana). Tutti questi elementi, ricollocati nella complessità del presente, sono la manifestazione estetica e concettuale di un bisogno di cura, intesa al tempo stesso come necessità e possibilità pluridirezionale.

Vera Portatadino

Anima Alzati Apriti, 2019
Olio e acrilico su tela

Mart – Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto
Donazione Cavalleri

Deficit di natura

Più della metà della popolazione mondiale vive in aree urbane, dove l’esposizione alla natura è in generale molto limitata, e spesso distribuita in modo diseguale a seconda dello status socio-economico1, 2. Oltre alla separazione fisica tra tessuto urbano e mondo “naturale”, nei paesi ad alto reddito si passa l’80-90% del tempo al chiuso, svolgendo attività sedentarie, e trascorrendo 6-8 ore o più ogni giorno davanti agli schermi di cellulari e altri dispositivi digitali3.
In poco tempo siamo passati da un’esistenza prevalentemente all’aperto all’esposizione continua ad uno spazio “costruito” e ad una vita vissuta principalmente in luoghi chiusi.
Negli ultimi anni, diversi medici e scienziati hanno iniziato a parlare di “deficit di natura” e a studiare in maniera più approfondita gli effetti negativi di questo deficit e, di converso, gli effetti sulla salute umana associati all’esposizione alla natura.
In generale, sempre più evidenze scientifiche mostrano una relazione tra la scarsa esposizione alla natura e l’aumento della depressione, dell’ansia e anche di altre malattie “contemporanee”, in particolare quelle non trasmissibili come sindromi cardiovascolari, metaboliche, ecc.4, 5.
Un’ampia e crescente letteratura scientifica dimostra che l’esposizione alla natura è viceversa associata a benefici misurabili e significativi per una vasta gamma di aspetti psico-fisiologici6, 7.
Un altro ambito di studi riguarda in particolare gli effetti del deficit di natura sui bambini e gli adolescenti. Emerge con sempre maggiore chiarezza quanto il contatto con spazi verdi durante le fasi di crescita sia importante non solo sulla salute ma anche sul funzionamento cognitivo, sul comportamento sociale, sulla capacità di sviluppare emozioni positive ed empatia, oltre ad essere associato a un minor rischio di disturbi psichiatrici in età adolescenziale e adulta8, 9.


— Francesco Meneguzzo, Federica Zabini

Istituto per la BioEconomia, CNR – Sesto Fiorentino (FI) CAI Comitato Scientifico Centrale

  1. M. Buckland, D. Pojani, “Green space accessibility in Europe: a comparative study of five major cities”, European Planning Studies, 31(1), 2023, pp. 146–167. LINK→
  2. M. Ferguson, H. E. Roberts, R. R. C. McEachan, M. Dallimer, “Contrasting distributions of urban green infrastructure across social and ethnoracial groups”, Landscape and Urban Planning, 175, 2018, pp. 136-148. LINK→
  3. M.H.E.M. Browning, J.R. Hanley, C.R. Bailey, et al., “Quantifying Nature: Introducing NatureScoreTM and NatureDoseTM as Health Analysis and Promotion Tools”, American Journal of Health Promotion, 38(1), 2024, pp. 126-134. LINK→
  4. M. Van den Bosch, W., Bird, Oxford Textbook of Nature and Public Health: The role of nature in improving the health of a population. Oxford University Press, 2018.
  5. X. Dong, L. Geng, “Nature deficit and mental health among adolescents: A perspectives of conservation of resources theory”, Journal of Environmental Psychology, 87, 2023. LINK→
  6. G. N. Bratman, C. B. Anderson, M. G. Berman, B. Cochran, S. de Vries, J. Flanders, C. Folke, H. Frumkin, J. J. Gross, T. Hartig, P. H. Kahn, M. Kuo, J. J. Lawler, P. S. Levin, T. Lindahl, A. Meyer-Lindenberg, R. Mitchell, Z. Ouyang, J. Roe, G. C. Daily, “Nature and mental health: An ecosystem service perspective”, Science Advances, 5 (7), 2019. LINK→
  7. L. Andersen, S. S. Corazon, U. K. Stigsdotter, “Nature Exposure and Its Effects on Immune System Functioning: A Systematic Review”, International Journal of Environmental Research and Public Health, 18, 2021, 1416. LINK→
  8. G. Barbiero, R. Berto, A. Venturella, N. Maculan, “Bracing Biophilia: When biophilic design promotes pupil’s attentional performance, perceived restorativeness and affiliation with Nature”, Environment, Development and Sustainability, 2021, pp. 1–15. LINK→
  9. K. Engemann, C. B. Pedersen, L. Arge, C. Tsirogiannis, P. B. Mortensen, J. C. Svenning, “Residential green space in childhood is associated with lower risk of psychiatric disorders from adolescence into adulthood”, Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, 116(11), 2019, pp. 5188–5193. LINK→

Ruben BrulatBio

Le opere di Ruben Brulat nascono quasi sempre da un’esperienza di viaggio e dal cammino che l’artista intraprende per raggiungere alcuni dei luoghi più remoti al mondo. La natura è il luogo nel quale mediante il quale Brulat porta avanti il suo personale bisogno di capire dove e perché siamo.
Famose sono le immagini che ritraggono il suo corpo nudo mimetizzato all’interno di luoghi montani, foreste, deserti, vulcani e ghiacciai. Ambienti incontaminati nei quali la fusione tra essere umano ed elementi naturali si manifesta attraverso azioni dal carattere performativo.
Il tentativo di unirsi alla terra, di sentirne la sostanza, di diventare un tutt’uno con la natura, evocano al tempo stesso sentimenti di forza e fragilità.
Nel video Doigt, voir dans le vert des jungles, girato tra le foreste nel massiccio montuoso del Ruwenzori, in Africa, l’inquadratura si concentra sul momento in cui il dito dell’artista entra in contatto con la vegetazione.
Un gesto dal sapore alchemico, l’incontro tra un corpo umano con le forze primarie della natura.

Ruben Brulat

Doigt, voir dans le vert des jungles, 2018
Video HD, suono, 4’28’’

Courtesy l’artista e Ncontemporary, Milano-Londra-Venezia

Le foreste per la stabilità del clima

I servizi resi dagli alberi al nostro pianeta vanno dal sequestro del carbonio, alla produzione di ossigeno, alla conservazione del suolo e alla regolazione del ciclo delle acque. Gli alberi sostengono i sistemi alimentari naturali e umani e provvedono al riparo per innumerevoli specie, uomini inclusi attraverso i materiali da costruzione.
Se tutti gli ecosistemi forestali sono importanti, le foreste tropicali sono fondamentali per l'equilibrio planetario e per la stessa sopravvivenza della specie umana.
La deforestazione e il degrado forestale nelle grandi foreste tropicali, al di là della perdita di un importante fattore di sequestro del carbonio atmosferico, hanno gravissimi impatti ambientali, anche a causa dei loro effetti sulla regolazione del clima1
Dal 1990 la superficie delle foreste primarie - presenti ormai solo nelle zone tropicali e boreali - è diminuita di oltre 80 milioni di ettari, e oltre un terzo della superficie forestale è andata perduta rispetto ai tempi precedenti allo sviluppo delle civiltà umane2. Se il primo e più evidente servizio offerto dalle foreste globali è quello del sequestro del carbonio, si ipotizza che le grandi foreste naturali giochino un ruolo ancora più importante rispetto alla stabilità del clima, grazie al rilascio in atmosfera di grandi quantità di vapore acqueo che, diminuendo la pressione dell’aria nella bassa atmosfera, facilitano l’afflusso di aria umida dall’oceano. Tale meccanismo, noto come “pompa biotica” e teorizzato per primi da due fisici russi, riesce a trasferire il vapore acqueo fino a grandi distanze dagli oceani, garantendo dunque le precipitazioni in aree molto interne3. In Sud America, il bacino del Río de la Plata dipende dall’evaporazione dalla foresta amazzonica per il 70% delle sue risorse idriche, e la Cina occidentale, che ospita le più estese coltivazioni di cereali, dipende per ben l’80% delle sue risorse idriche dall’umidità riciclata dalle foreste euro-asiatiche (dalla Scandinavia alla Russia orientale)4.
Questa capacità di regolazione del clima è garantita soprattutto dalle grandi foreste naturali o non gestite, non disturbate da azioni antropiche, la cui salvaguardia dovrebbe essere una priorità assoluta nel contesto dei progressivi cambiamenti del clima globale.


— Francesco Meneguzzo, Federica Zabini

Istituto per la BioEconomia, CNR – Sesto Fiorentino (FI) CAI Comitato Scientifico Centrale

  1. E. Gies, “More than carbon sticks”, Nature Water, 1(10), 2023, pp. 820–823. LINK→
  2. M. Bologna, G. Aquino, “Deforestation and world population sustainability: a quantitative analysis”, Scientific Reports, 10(1), 2020, 7631. LINK→
  3. A. M. Makarieva, A. V. Nefiodov, A. D. Nobre, M. Baudena, U. Bardi, D. Sheil, S. R. Saleska, R. D. Molina, A. Rammig, “The role of ecosystem transpiration in creating alternate moisture regimes by influencing atmospheric moisture convergence”, Global Change Biology, 29(9), 2023, 2536–2556. LINK→
  4. R. J. Van Der Ent, H. H. G. Savenije, B. Schaefli, S. C. Steele-Dunne, “Origin and fate of atmospheric moisture over continents”. Water Resources Research, 46(9), 2010.LINK→