Saggi
Lucy Jones | Guarire la nostra disconnessione dalla Terra |
Francesco Becheri | Terapia forestale. Il caso di Pian dei Termini |
Francesca Cirulli, Marta Borgi | Il richiamo della natura: la biofilia |
Marina Boido, Alessandro Vercelli | La foresta come fonte di benessere olistico |
Qing Li | Introduzione allo Shinrin-yoku / Bagno di foresta |
Marco Battain | Il tocco della montagna che aiuta |
Giuseppe Barbiero, Rita Berto | La scuola che ascolta la Montagna |
Lucy Jones
Giornalista e scrittrice
Verde. Verdeggiante. Lussureggiante. Viriditas. Rane. Ghiande. Tiglio. Felce. Basilico. Cavalletta. Giada. Muschio. Fresco. Nuovo. Vecchio. Respira. Vai!
Blu. Oceano. Fiordalisi. Nontiscordardime. Occhi. Cielo. Martin pescatore. Nettuno. Uova di pettirosso. Mirtilli. Le ombre sulle montagne. Calma. Terra.
Per molto tempo, anche quando la natura selvaggia doveva essere sottomessa dagli esseri umani, le persone hanno cercato una connessione con il mondo vivente per il proprio benessere ed esprimevano di conseguenza il loro amore verso il mondo naturale. Visitors, una poesia dell’antico scrittore cinese Du Fu (713-770), letta oggi sembra senza tempo, soprattutto nel recente contesto della pandemia da Covid-19:
“Soffro di asma da molto tempo.
Qui, in questa casa in riva al fiume, sembra migliorare.
È anche tranquillo. La folla non mi disturba.
Sono luminoso e più riposato. Sono felice qui.”
È noto che Van Gogh, che soffrì di disturbi mentali, dipinse mandorli in fiore durante la convalescenza ad Arles. In una lettera alla sorella, nel 1887, scrisse:
“Avere il più possibile questa serenità, anche se si sa poco o niente di certo, è forse il rimedio migliore per tutte le malattie rispetto ciò che si vende in farmacia.”
La scrittrice contemporanea Annie Dillard, forse una delle più grandi osservatrici del mondo naturale che scrivono in inglese, descrive l’esperienza profonda delle montagne nel 1974:
“Mountains are giant, restful, absorbent. You can heave your spirit into a mountain and the mountain will keep it, folded.”
Fioritura. Fiumi. Pace. Riposo. Contenimento. Canto degli uccelli. Terra morbida. Essenziale.
“Le montagne sono gigantesche, riposanti, assorbenti. Si può gettare il proprio spirito in una montagna e la montagna lo tratterrà, ripiegato.”
L’associazione tra benessere e legame con un ambiente naturale sano è radicata nella nostra storia. Passando dalla creazione di parchi urbani per alleviare la fatica di chi vive in città all’utilizzo di luoghi naturali per curare chi soffre di malessere psichico, per lungo tempo si è agito sulla base di una sensazione intuitiva che lega la nostra salute alla comunione con la natura.
Ora, nel momento di massima disconnessione ed estraneazione dal mondo naturale, noi, nell’Occidente industrializzato, sembriamo averlo dimenticato.
Ma, contemporaneamente, in questo momento di distruzione diffusa ed estinzione, gli scienziati
di molte discipline in tutto il mondo ci stanno mostrando come e perché la connessione con il
resto della natura influisca sulla nostra mente.
Che tipo di connessioni e relazioni ecologiche – in questo grande oblio – ci stiamo perdendo?
Se ripristiniamo il nostro legame con il mondo naturale, potremmo anche ripristinare una parte
di noi stessi? Come possiamo reimmaginare il significato di essere rispettosi co-inquilini della
Terra?
Il bosco è silenzioso, immobile e freddo. Il cielo è grigio, coperto. A prima vista, sembra che
la vita qui sia sospesa. Ma, guardando meglio, i miei sensi si sintonizzano con il movimento
interno. Il battito discontinuo di un picchio. I passeri cinguettano e i cardellini bucano il
cielo. Cadono ghiande. Ne raccolgo una e ne accarezzo la morbidezza ricurva. La foresta profuma
di roccia e di pioggia, di marciume e di case.
I vendemmiatori vagano.
Un fungo Sarcoscypha austriaca fa capolino tra le foglie cadute. Il porcino emerge giallo e
rosso sul terreno. I coleotteri iridescenti blu e neri, rannicchiati, dormono nelle fessure
della corteccia delle querce.
Mi perdo a cercare muffe sui tronchi. Torno in me, grata di essere in una comunione di esseri.
Come molti, camminare nel mondo vivente è la mia strategia di salute mentale quotidiana e grazie ai ricercatori capisco un po’ di più perché.
Quando passiamo il tempo in montagna, in riva ai laghi o ai fiumi, in un giardino o in un parco, l’evidenza suggerisce che è più probabile l’attivazione del nostro sistema nervoso parasimpatico, che aiuta a bilanciare il sistema di risposta allo stress. Dopo l’esposizione alla natura, la nostra risposta al recupero dallo stress è più rapida e completa rispetto a quando siamo esposti ad ambienti edificati.
Questo ha importanti ripercussioni sul nostro sistema immunitario. Il legame vitale tra il
sistema nervoso, quello immunitario e l’umore sta diventando sempre più chiaro e il
miglioramento della funzione immunitaria potrebbe essere uno dei percorsi centrali per spiegare
i benefici della natura. Quando sono nei boschi, respiro profondamente, annuso i pini e i
terpeni, strappo una foglia e la strofino tra le dita, perché è dimostrato che queste sostanze
chimiche emesse da alberi e piante possono rafforzare il sistema immunitario. Mi rivolgo al sole
per aumentare l’apporto di vitamina D.
Lo stupore è una reazione affascinante, con un impatto fisiologico misurabile sulla nostra
salute. La maggior parte delle nostre esperienze di stupore – forse sorprendentemente – avviene
nel mondo naturale.
Un giorno, alcuni anni fa, mi trovavo a prua di una barca. I nostri occhi scrutavano l’acqua, avanti e indietro. All’improvviso, la guida chiamò, fece un cenno e indicò. E allora lo vedemmo. Dall’oceano marino emergeva il dorso liscio e lucente, di colore blu-nero, di una balenottera azzurra. Si mosse nell’acqua, lentamente, con grazia, rivelando tutti i 25 metri della sua lunghezza colossale, e si rituffò negli abissi.
Essere così vicini all’animale più grande che sia mai esistito – con un cuore grande come un’utilitaria, una lingua del peso di un elefante e uno sfiatatoio così grande che un bambino potrebbe camminarci dentro – è stata un’esperienza di stupore al massimo della sua intensità.
Sappiamo tutti che sentirsi stupiti da qualcosa, che sia una catena montuosa, un’opera d’arte o un brano musicale, è una bella sensazione.
Ma fino a poco tempo fa la scienza non ci spiegava perché, o quanto, possa influenzare il corpo e la mente. Una nuova ricerca suggerisce che è molto più potente di quanto si possa pensare. Le persone hanno davvero bisogno di bellezza oltre che di pane.
Dagli anni Novanta, un laboratorio diretto da Dacher Keltner a Berkeley ha adottato per la prima volta un approccio scientifico nei confronti dello stupore.
Un interessante studio sulle citochine (una risposta iperattiva alle citochine è associata a
malattie, depressione e cattiva salute) suggerisce che lo stupore ha un importante effetto
fisiologico.
La professoressa Jennifer Stellar, nel laboratorio di Keltner, ha misurato i livelli di
citochine in campioni di tessuto gengivale e guanciale e la presenza di emozioni positive in 200
giovani adulti. Ha rilevato che solo lo stupore produceva una riduzione dei livelli di citochine
– l’Interleuchina 6, un biomarcatore dell’infiammazione – in misura significativa.
“Il fatto che lo stupore, la meraviglia e la bellezza promuovano livelli più salutari di citochine suggerisce che le cose che facciamo per provare queste emozioni – una passeggiata nella natura, perderci nella musica, osservare l’arte – hanno un’influenza diretta sulla salute e sull’aspettativa di vita”, ha detto Keltner, coautore dello studio. E possono anche influenzare le persone che soffrono di malattie mentali. Ad esempio, dopo aver praticato rafting, sono diminuiti del 30% i sintomi del disturbo da stress post-traumatico (PTSD) dei veterani militari, che hanno riportato meno stress e un maggiore senso di benessere.
Può anche influenzare il modo in cui ci comportiamo e trattiamo gli altri. Per vedere come lo
stupore possa cambiare la percezione di sé e degli altri, Keltner ha mostrato a un gruppo un
video di canyon, montagne e altri scenari impressionanti e, a un altro gruppo, una scena
naturale divertente. In seguito, a entrambi i gruppi è stato detto che avevano vinto un
premio.
È stato poi chiesto loro se volessero condividere il premio in denaro con degli sconosciuti. Le
persone che avevano riso alla scena comica erano molto meno entusiaste. Volevano tenere la loro
vincita, mentre le persone del “gruppo stupore” erano più propense a condividere con estranei la
vincita. Le persone si sono dimostrate più etiche, gentili e generose dopo aver provato stupore,
e questo fenomeno è stato replicato più volte negli esperimenti.
Perché le persone dovrebbero essere più generose e gentili dopo aver provato stupore?
Utilizzando la risonanza magnetica funzionale, gli scienziati hanno visto che lo stupore riduce
l’attività della rete di modalità predefinita, l’area del cervello associata al senso di sé.
Lo stupore, quindi, può farci uscire dall’interesse personale. Può aiutarci a legare e a
relazionarci con gli altri. Spegne l’io, le preoccupazioni quotidiane, per spingerci a
concentrarci su qualcosa di più grande e difficile da comprendere.
Mi preoccupa l’abbondanza di meraviglia del mondo naturale che stiamo perdendo con la riduzione
degli habitat e la diminuzione della nostra connessione. Ricci, farfalle, pulcinelle di mare,
lucciole, allodole, tassi, mormore. Forse stiamo anche perdendo un’opportunità: quella di
trasformare il modo in cui gli esseri umani si relazionano tra loro e con la Terra.
Perché non ascoltiamo le parole della brillante scrittrice e biologa marina Rachel Carson?
“Sembra ragionevole credere – e io credo – che quanto più chiaramente riusciamo a focalizzare la
nostra attenzione sulle meraviglie e sulle realtà dell’universo che ci circonda, tanto meno
avremo voglia di distruggere la nostra razza. La meraviglia e l’umiltà sono emozioni sane e non
possono coesistere con la brama di distruzione”.
C’è un muro di pietra nell’area verde più vicina a casa mia, un cimitero urbano. Il muro non è granché ma, se ci si prende il tempo di notarlo, è ricoperto di calici di giada di licheni, spruzzi frattali di foglie, muschi come di vetro colorato. Un quadro vivente.
Il muschio vive bene in autunno e in inverno, quando c’è meno ombra e più precipitazioni.
Guardate bene e scoprirete nuovi regni. Il muschio sulla mia parete è ricoperto di sporofiti –
capsule che contengono spore, come piccoli cappelli da strega – che brillano di verde
kryptonite. Un microscopio tascabile rivela minuscoli insetti, alieni su un altro pianeta. È
morbido al tatto. Accarezzo le filigrane dei licheni vicini.
Quando mi immergo nel muschio, non sono più nella mia testa, a rimuginare o a ruminare, ma sono
immerso nella vastità della vita. Cammino per equilibrare il mio sistema nervoso, per ridurre lo
stress e l’infiammazione, per sfruttare i fitoncidi e gli effetti delle forme frattali sul
cervello.
Ma in questo spazio liminare, nel nostro mondo afflitto, c’è una dimensione all’aperto nel
cambiamento di energia che è difficile da misurare in laboratorio. In natura, possiamo essere
testimoni di quella forza della vita che può ripristinare il nostro equilibrio e, mentre
l’autunno volge all’inverno e l’inverno alla primavera, sintonizzarci con, come disse Walt
Whitman, “l’impulso e l’impulso e l’impulso, sempre l’impulso procreante del mondo”.
I paesaggi naturali hanno sempre favorito l’immaginazione e le idee, dato ai giovani cervelli lo
stimolo per prosperare e crescere, con esperienze guidate dai sensi. Abbiamo bisogno di toccare,
annusare, sentire e percepire il mondo per conoscerlo e amarlo.
Ma che dire degli abitanti delle città – la crescente maggioranza di noi – il cui “spazio
naturale” più vicino è un piccolo parco o un ciglio di strada? Cosa succede se è difficile
raggiungere le montagne, i grandi ambienti naturali, l’oceano?
Alcune città e alcuni Paesi sono all’avanguardia nella trasformazione degli ambienti urbani.
Singapore ha già costruito tetti verdi, muri verdi, balconi verdi e giardini verticali nelle sue aree urbane. L’Ospedale Khoo Teck Puat, inaugurato nel 2010, è particolarmente radicale, perché integra in sé una natura “forestale”: le specie di farfalle che vivono nei terreni dell’ospedale sono cresciute da tre a ottantatre. Negli Stati Uniti, a Milwaukee e San Francisco, la gente sta piantumando parcheggi e coltivando frutteti comunitari. Detroit ha più di 1.500 orti comunitari e piccole fattorie urbane da due a tre acri guidate dal desiderio della comunità di cibo vero, fresco e nutriente. In Australia, Melbourne punta a raddoppiare la sua copertura arborea entro il 2040 come parte della sua “Strategia forestale”. A Montreal, lo spazio un tempo utilizzato per parcheggiare le auto, o per le strade ora ristrette, è pieno di piante e fiori.
Cos’altro potrebbe essere vivere in reciprocità con il mondo “più che umano”? Ripulire
l’inquinamento e rifiutare pesticidi ed erbicidi urbani. Spegnere i lampioni di notte per
aiutare le falene e altri animali notturni. Proteggere le foreste urbane e i boschi. Eliminare
gli ostacoli che impediscono a tutti i gruppi di persone di accedere ad ambienti naturali
ristoratori. Creare corridoi per la fauna selvatica e collegare gli habitat tra le case, le aree
fluviali, connettendo gli ecosistemi. Una nuova relazione ecologica è cruciale per il nostro
adattamento alla crisi climatica in corso.
Se vogliamo una vita sana, dobbiamo renderci conto che il nostro benessere è legato a quello del
pianeta. La salute umana non può essere separata dalla salute del mondo.
Siamo tutti parte dello stesso sistema.
Casa. La parola “ecologia” deriva dal greco oikos, che significa “casa”, “abitazione” o “luogo in cui vivere”. Sicuro. Tenuto. Cura. Reciprocità. Rifugio. Calore. Nutrito. Calma. Amato.
Francesco Becheri
Fondatore e responsabile scientifico del progetto di sviluppo e ricerca sulla terapia forestale di Pian dei Termini
La terapia forestale rappresenta uno strumento di medicina preventiva. Questa disciplina, attraverso il metodo scientifico, analizza la relazione terapeutica tra uomo e ambiente forestale e i suoi effetti benefici. Si tratta di un ambito di ricerca interdisciplinare ed inclusivo che integra studi sugli esseri umani, ambientali, sulla salute e sull’economia.
Le aree destinate alla terapia forestale devono possedere una serie di prerequisiti essenziali (specie arboree, livelli emissivi delle piante, esposizione, venti dominanti, accessibilità, accoglienza) per renderle potenzialmente candidabili alla sperimentazione. All’interno di quelle stesse aree è indispensabile selezionare sentieri forestali con poco dislivello e larghezza sufficiente a renderli adatti a tutte le persone senza distinzione di età o di livelli di abilità. Infine, per certificare la terapeuticità dell’area forestale individuata e sancirne la qualificazione funzionale è necessario rilevare una serie di risposte di salute scientificamente comprovate nelle persone che la frequentano. Per questo vengono effettuate sessioni sperimentali di terapia forestale nel sito specifico, misurando le variazioni pre/post di indicatori fisiologici e psicologici e mettendole in relazione con le caratteristiche meteo climatiche e biochimiche dell’aria. Una volta raccolti i dati si passa alla fase di analisi per la dimostrazione degli effetti terapeutici e la relativa validazione attraverso pubblicazioni scientifiche.
A fianco della terapia forestale esiste poi una pratica orientata maggiormente alla promozione del benessere e alla ricreatività all’interno delle foreste. Questa pratica viene definita “Immersione forestale”, e non richiede lo stesso rigore nel collaudo dei sentieri e nella verifica di miglioramenti fisiologici e psicologici nei partecipanti. In Giappone, dalle 11 stazioni di terapia forestale presenti nel 2006, si è passati alle 62 attuali, con l’obiettivo di arrivare a 100 entro il 2025. A seconda delle dimensioni, ogni stazione di terapia forestale accoglie dalle 200 alle 1500 persone al mese.
Il progetto di Pian dei Termini, che fin dall’inizio ha guardato al Giappone come partner e modello al quale ispirarsi per sviluppare un’azione scientificamente fondata e fortemente orientata a una prospettiva internazionale, prende forma anche grazie al dialogo con il Prof. Qing Li Immunologo, Fondatore e Presidente della Japanese Society of Forest Medicine e vicepresidente dell’International Society of Nature and Forest Medicine. Li studia in modo sistematico, da oltre quindici anni, la relazione in termini di salute tra essere umano e natura. Mediante un approccio che coniuga autorevolmente attività clinica ospedaliera, ricerca scientifica, insegnamento, e divulgazione, è internazionalmente riconosciuto come una delle figure di assoluto rilievo in questo campo.
La collaborazione con Qing Li e il Giappone ha mostrato i primi risultati attraverso una ricerca scientifica congiunta, effettuata durante il lockdown in seguito alla pandemia da Covid-19 e pubblicata sull’International Journal of Environmental Research and Public Health nel 2020 (https://www.mdpi.com/1660-4601/17/21/8011). Tale collaborazione si è concretizzata utilizzando un video ideato dal Dott. Francesco Becheri, all’interno del quale erano visibili ed udibili le immagini e i suoni di foreste nelle vicinanza di Prato. Il video è stato “somministrato” a un campione di persone confinate nelle loro abitazioni, al fine di studiare gli effetti che la visione di tali immagini producevano sui livelli di ansia da lockdown. L’esperimento ha avuto una durata di cinque giorni ed è stato condotto da remoto. Questa ricerca che ha visto la collaborazione del Cnr (Ibe e Ifc) e Neurofarba Unifi ha dimostrato come il gruppo sperimentale di soggetti al quale veniva fatto vedere il video delle foreste avesse una riduzione dell’attivazione ansiosa significativamente maggiore rispetto al gruppo di controllo esposto ad un video di contesti urbani.
Una conferma ulteriore del ruolo centrale della natura nella promozione della salute anche durante la fase pandemica più dura.
Ma che cos’è Pian dei Termini e dov’è collocato geograficamente?
Nel Comune di San Marcello Piteglio (PT), in località Pian dei Termini, dove la Società “Pian dei Termini” gestisce in concessione quindicennale 2 immobili e terreni (15 ha) del demanio regionale appartenenti al Patrimonio agricolo forestale della Regione Toscana. Nel progetto di utilizzazione e valorizzazione del podere Pian dei Termini, con il quale l’Azienda si è aggiudicata la vincita del bando di gestione, si fa espressamente riferimento alla creazione della Stazione di Terapia Forestale. Le aree boscate sono collocate sul versante meridionale dell’Alto Appennino Tosco-Emiliano, a quote comprese tra 900 e circa 1050 m s.l.m. Il territorio dell’Azienda, attraversato da Via Pratorsi, lambisce la Foresta del Teso, e include camminamenti – sentieri e strade forestali – che si sviluppano, con pendenze generalmente moderate, quasi interamente tra impianti forestali misti di castagni (anche monumentali), faggi e abeti di varie specie, in particolare abete di Douglas e abete bianco. Tali sentieri raggiungono facilmente anche i Rifugi CAI “del Montanaro” e “Porta Franca”. Nelle immediate prossimità degli immobili, sede della SAS “Pian dei Termini”, inoltre, ha sede l’Osservatorio astronomico gestito dal Gruppo Astrofili Montagna Pistoiese, visitato ogni anno da migliaia di persone.
Tra le sue finalità, la stazione di Pian dei Termini ha come obiettivo la promozione della salute e della prevenzione sanitaria, la riduzione dei costi diretti e indiretti per il servizio sanitario pubblico, la valorizzazione del patrimonio forestale regionale e l’aumento di reddito per le imprese agricole ed agroforestali del territorio.
Le attività proposte sono rivolte a due tipologie di utenti: in ambito clinico, a pazienti delle cure palliative, diabetici, ipertesi, psichiatrici/psicologici, dismetabolici, con disturbo da stress, da medicina riabilitativa (es. post. Covid-19) e in ambito non clinico, a turisti, studenti, aziende e lavoratori.
Effetti positivi dimostrati sono stati rilevati in diversi ambiti. Il primo, quello affettivo/ motivazionale, con miglioramento del tono dell’umore con aumento di forza e soddisfazione, riduzione della tristezza/depressione, dell’ansia, dell’impulsività e dell’aggressività (e aumentata pro socialità).
Il secondo, cognitivo, con miglioramento dell’attenzione, delle capacità della memoria di lavoro e della creatività. Il terzo, fisico, con riduzione del dolore, dei tempi di recupero post operatori e della mortalità, miglioramento della qualità del sonno e della salute cardiovascolare e respiratoria e rinforzamento del sistema immunitario.
Il progetto di Salute in Natura di Pian dei Termini si lega a doppio filo con l’area metropolitana, attraverso le vie verdi disegnate dalla forestazione. Dagli ambiti remoti delle aree interne montane, le attività di promozione della salute si connettono con la forestazione urbana, i parchi fluviali e i parchi cittadini. In questa prospettiva l’approccio diviene organico, integrato e diffuso. Il Comune di Firenze e quello di Prato hanno manifestato la volontà di attivare politiche in questa direzione. Di seguito un estratto dell’Agenda Urbana di Prato 2030, dove si fa riferimento a questa progettualità.
La forestazione urbana come strumento di prevenzione sanitaria con il motto: un albero al posto di una pillola
Il Piano Operativo Comunale, insieme al Piano di Forestazione Urbana ed il progetto Prato Urban Jungle, hanno portato la riflessione sviluppata a Prato sul ruolo della natura nel contesto urbano al centro del dibattito internazionale. Prato sta emergendo nell’ambito delle green cities per la promozione di un dibattito in cui la natura viene considerata come una struttura territoriale con funzione ecosistemica, di resilienza e che permette alle aree urbane di assumere una funzione ambientalmente attiva per affrontare i cambiamenti climatici ed invertire la tendenza.
Nell’ambito di queste riflessioni da Prato e altre città a livello europeo, sta emergendo una nuova, significativa, declinazione del ruolo della natura nelle città, ovvero quello di assumere il ruolo di strumento attivo nei confronti della salute umana, in una chiave di lettura che promuova il coordinamento della pianifcazione urbanistica, ambientale e sanitaria, secondo un nuovo motto: un albero al posto di una pillola. La ricerca avviata con il DAGRI di Firenze va esattamente in questa direzione, ovvero stabilire gli indicatori e verificare in quali condizioni le aree di verde urbano assumano questo significato, sviluppando le linee guida necessarie per progettare il verde urbano secondo questa prospettiva. Questa ricerca rappresenta il punto di partenza per sviluppare nel Piano Strutturale un’innovativa strategia alla scala complessiva del territorio comunale, proiettata nel medio lungo periodo, che indaghi sulle modalità per generare una città sana, aderente ai principi della Carta di Toronto dell’OMS e dotata degli indicatori e dei sensori, da sviluppare nell’ambito del Piano Smart City, per monitorare gli effetti delle azioni effettuate nel tempo da un punto di vista sanitario. Il Piano Strutturale dovrà identificare una strategia complessiva che conduca la forestazione urbana verso la pianificazione dei programmi di prevenzione sanitaria a livello regionale.
In questo quadro è importante sviluppare una sinergia con gli Assessorati della Regione Toscana, la Società della Salute ed il Servizio Sanitario della Regione Toscana, nella logica di promuovere una programmazione di politiche urbane e sanitarie allineate con le strategie dei programmi Green Deal e Next Generation EU e, quindi in grado di attivare fondi europei per il finanziamento delle azioni e degli investimenti.
In questo cambio di prospettiva il verde urbano potrà essere diviso in due grandi declinazioni: il verde pubblico, inteso come verde a decoro degli spazi pubblici, delle strade, ecc e il verde inserito in programmi di forestazione urbana e di prevenzione sanitaria, monitorato costantemente con un network di sensori dedicato, la cui realizzazione e, sopratutto, la cui gestione dovrà essere finanziata nell’ambito del sistema del welfare nazionale e regionale, in quanto strumento di salute pubblica.
Le città sono le maggiori responsabili dell’emergenza climatica. Le città hanno condizioni ambientali che incidono negativamente nei confronti della salute dei cittadini, come ad esempio la presenza di alti tassi di inquinamento dell’aria, di isole di calore, scarsità di aree verdi rigeneranti, ecc.
Le città hanno bisogno di programmi lungimiranti e ambiziosi di forestazione urbana.
Le città hanno bisogno di divenire luoghi più sani ed in grado di migliorare e condizioni di salute psicofisica dei propri cittadini.
Le città devono promuovere azioni generali alla scala urbana che prevedano un nuovo paradigma in cui la natura sia una presenza costante del paesaggio urbano per generare una città attiva da un punto di vista ambientale e nei confronti della salute umana.
In questo contesto in Italia stanno emergendo le prime attività legate alla Terapia Forestale, che si basano sull’evidenza scientifica dell’impatto positivo dell’ambiente naturale nei confronti delle condizioni psicofisiche delle persone e per la sua valenza di vero e proprio strumento terapeutico. La Regione Toscana ha avviato una sperimentazione nella Stazione di Terapia Forestale di Pian dei Termini, nel Comune di San Marcello Pistoiese.
Il Piano Strutturale, in stretta sinergia con la Società della Salute ed il Sistema Sanitario egli Assessorati della Regione Toscana, dovrà sviluppare la costruzione di un modello che introduca i principi della Terapia Forestale nelle strategie della città, associando in modo sistematico il tema della salute umana alle aree verdi alla scala urbana. In particolare dovrà essere sviluppata una programmazione complessiva che integri il verde urbano e i sistemi naturali extraurbani in un’unica visione funzionale a promuovere la natura nella città in termini di salute pubblica, che veda l’integrazione del sistema dei grandi parchi esistenti e pianificati – parco di Galceti, parco dell’Ippodromo, parco delle Cascine di Tavola, parco Centrale, parco dei Ciliani, parco di San Paolo, parco delle Fonti, parco di Cafaggio – dei Golfi Agricoli, del parco fluviale del Bisenzio - Riversibility e del Sistema delle Gore con i grandi sistemi naturali della città, ovvero la Calvana e il Monteferrato.
Il Piano Strutturale dovrà promuovere la costruzione di un nuovo modello urbano che sviluppi un sistema integrato di aree verdi alla scala territoriale, basato su un’ossatura portante di grandi aree e articolato in una sequenza di spazi naturali sempre più diffusi e prossimi ai luoghi di vita dei cittadini, funzionali alla dimensione policentrica di Prato, che promuova la prospettiva della forestazione urbana intesa come strumento di prevenzione sanitaria tramite la formazione di una infrastruttura urbana verde che traduca in termini operativa il motto: un albero al posto di una pillola.
Francesca Cirulli e Marta Borgi
Ricercatrici presso il Center for Behavioral Sciences and Mental Health. Istituto Superiore di Sanità
La condivisione delle esperienze fatte in natura si associa molto spesso alla narrazione di esperienze positive: le feste con gli amici in giardino, le estati in campeggio, con interi pomeriggi d’estate passate ad esercitarsi nell’arrampicata dell’albero più alto, le escursioni sui sentieri alpini, o la bellezza del tramonto durante il passeggio nei parchi cittadini. Cosa spinge noi umani a ricercare gli ambienti naturali e a trascorrere del tempo all’aria aperta? E perché sembriamo ricavarne tanto piacere e beneficio? A monte di ogni considerazione scientifica, c’è un importante aspetto storico da considerare. Anche se facciamo fatica a immaginarlo, noi umani viviamo nelle città da pochissimo tempo. Homo, il genere a cui apparteniamo, ha iniziato il suo cammino evolutivo circa 2 milioni di anni fa e la nostra specie, Homo sapiens, è comparsa in Africa circa 200.000 anni fa. Per la quasi totalità della nostra storia abbiamo vissuto in foreste e savane, circondati dalla natura e siamo stati abilissimi a esplorare e colonizzare una varietà di ambienti naturali. Solo da poche migliaia di anni viviamo nelle città, e per un periodo ancora più circoscritto abbiamo creato vaste aree urbane e, in alcuni casi, metropoli, dove l’accesso alla natura può essere quasi del tutto assente.
Se a volte percepiamo le città come ambienti ostili è perché le caratteristiche della nostra struttura fisica, la fisiologia, i processi mentali, le risposte emotive, persino la nostra socialità, si sono evoluti adattandosi all’ambiente naturale. E di quell’ambiente naturale oggi ancora sentiamo ineluttabilmente il richiamo. È quello che E. O. Wilson ha descritto con il termine “biofilia”: l’affinità innata delle persone per il mondo naturale.
Benefici del verde: la ricerca scientifica e le prime applicazioni terapeutiche
Se consideriamo la storia biologica dell’uomo e la nostra stretta connessione con il mondo naturale, non ci sorprende che le evidenze scientifiche sull’interazione tra ambiente e salute mentale stiano crescendo in modo esponenziale, mostrando un’associazione tra l’accesso agli ambienti verdi e la riduzione dei livelli di stress, disagio psicologico o sintomi depressivi. Camminare in ambienti naturali, ascoltare i suoni della natura, persino osservare un ambiente naturale virtuale, si traduce in una ridotta percezione e una maggiore capacità di far fronte a fattori di stress di natura psicologica. Sfruttare la capacità dell’ambiente naturale di favorire il benessere emotivo e comportamentale rappresenta dunque non solo una strategia preventiva per il benessere della popolazione generale, ma anche per contrastare lo sviluppo della patologia mentale in fasce di popolazione particolarmente a rischio (come gli adolescenti), o vulnerabili, come le minoranze e le popolazioni a rischio di esclusione sociale. Un maggiore utilizzo di spazi verdi e la presenza di una maggiore vegetazione nel luogo di residenza, sono stati infatti associati a un più armonico sviluppo comportamentale (riduzione dell’emozionalità e di problemi relazionali tra pari) e ad un aumento nei comportamenti prosociali. Frequentare ambienti naturali attraverso passeggiate o attività all’aperto porta anche a un aumento dell’attenzione, elemento particolarmente importante durante le fasi di crescita.
Tali associazioni sembrerebbero robuste poiché rilevate in numerosi studi che differiscono sostanzialmente nella composizione della popolazione in esame, nella tipologia di spazi verdi utilizzati, e nella modalità di interazione. Nonostante la loro diversità, questi studi sembrano tutti convergere verso la nozione che passare del tempo in natura e avere accesso a spazi verdi ha effetti benefici sulla nostra salute fisica e mentale, sul nostro comportamento e sulla nostra socialità.
Già all’inizio degli anni Ottanta in Giappone è stato avviato un ampio programma di ricerca per dimostrare gli effetti medici e terapeutici del bagno nella foresta (in lingua giapponese Shinrin-Yoku). Successivamente è stato aperto il primo centro di “terapia forestale” e le università giapponesi ora offrono una specializzazione medica in “medicina forestale”. Tali pratiche si sono poi estese anche al mondo occidentale a partire dai Paesi scandinavi, dove il bagno nella foresta è diventato una tendenza globale come reazione all’attuale flusso di stimoli e alla frenetica vita quotidiana nella nostra società.
Perché il verde ci fa bene? La montagnae l’esperienza della meraviglia
In aggiunta agli studi epidemiologici, il lavoro sperimentale sul campo sta producendo sempre maggiori evidenze sugli aspetti meccanicistici relativi all’associazione tra verde e salute. Questi studi cercano di rispondere alla domanda “perché il verde ci fa bene?”. Seppure le conoscenze sui meccanismi alla base dell’impatto dell’ambiente naturale sulla salute umana siano ancora insufficienti per avere un quadro teorico definitivo, oggi sappiamo che molti degli effetti benefici riportati riguardano la promozione delle funzioni cerebrali attraverso un ridotto affaticamento mentale e un migliore rilassamento indotto dalla frequentazione di ambienti naturali. Per esempio, alcuni studi condotti presso l’Università di Stanford hanno evidenziato come nei soggetti che avevano appena terminato una passeggiata di 90 minuti fra gli alberi, rispetto ad altri che avevano trascorso lo stesso tempo fra i negozi della città, c’era una minore attivazione di aree cerebrali connesse alla rumination (o rimuginio), il presentarsi ripetuto e costante di immagini e pensieri negativi che si rinforzano l’un l’altro, sintomo comune negli stati depressivi.
Alcuni degli effetti benefici dell’esposizione ad ambienti naturali potrebbero anche dipendere dall’alta concentrazione di composti organici volatili biogenici (BVOC) emessi da alberi e piante, come i fitoncidi (noti anche come terpeni). Tali composti sembrerebbero avere un’influenza sulla salute umana in termini di azione antinfiammatoria, antiossidante o neuroprotettiva. Studi futuri dovranno consolidare le evidenze in materia.
I meccanismi alla base degli effetti benefici dell’esposizione al verde possono anche essere indiretti. Ad esempio, vivere vicino a un parco o un’area verde può incoraggiare le persone a dedicarsi più spesso all’attività fisica, con ricadute positive sulla salute, inclusa la salute mentale. Alberi e arbusti possono inoltre mitigare alcuni rischi ambientali, quali l’inquinamento atmosferico e le temperature elevate dell’aria, nonché l’inquinamento acustico, tutti noti fattori di rischio ambientale per la salute umana. Un altro importante effetto indiretto da prendere in considerazione è quanto il verde sia in grado di portare ad aggregazioni spontanee tra le persone, in un ambiente rilassante. Le relazioni sociali si associano a numerosi benefici per la salute fisica e psicologica. La presenza di spazi verdi può incoraggiare interazioni sociali positive che promuovono la coesione sociale portando quindi a dei miglioramenti per la salute e il benessere.
In ultimo, gli effetti positivi degli spazi verdi possono dipendere dalla capacità della natura di provocare quella che è stata chiamata soft fascination, un senso di fascinazione che fa sì che le persone prestino attenzione all’ambiente in cui sono immersi, senza sforzo. Sembra proprio il contrario del rimuginio costante che non ci fa porre attenzione a dove siamo e a cosa stiamo facendo, in un susseguirsi di pensieri spesso dal contenuto emotivo negativo, in cui ascoltiamo solo gli stimoli “interni a noi” e non prestiamo attenzione a quello che è “fuori di noi”.In natura, ma soprattutto in ambiente remoti come le foreste montane, l’ambiente “ci chiama”, con il suo fascino e la sua bellezza, persino con il senso di soggezione e meraviglia (awe in lingua anglosassone) che provoca con la sua maestosità. Le montagne e le foreste, gli spazi blu, attirano la nostra attenzione ma lasciandoci spazio e tempo per riflettere, ci rendono più vitali e allo stesso tempo più rilassati e di buon umore.
Verde e salute: una sfida per il futuro
In quest’ultimo decennio si è consolidata la consapevolezza del legame indissolubile tra la salute delle persone e quella dell’ecosistema. È dunque forte l’esigenza di approcci e sforzi globali nell’implementazione di programmi e politiche in cui diversi settori cooperino per la tutela della salute pubblica attraverso un più attento e consapevole utilizzo delle risorse naturali. Pratiche come lo Shinrin-Yoku o quell’insieme di interventi che riuniamo sotto il termine green care, inclusa la terapia forestale, si inseriscono all’interno di questo filone di pensiero rappresentando interessanti attività complementari in grado di coniugare l’attenzione all’ambiente naturale in termini di gestione, cura e conservazione con approcci innovativi finalizzati alla salute umana attraverso la fruizione attiva delle risorse naturali.
Il periodo che ci vede aggregati in città e megalopoli urbane, lontani dalla natura, è un tempo brevissimo nel nostro cammino evolutivo, ma è stato sufficiente a determinare uno stretto legame fra urbanizzazione e aumento di patologie mentali, quali ansia, depressione, o schizofrenia. In questi anni stiamo assistendo alla riscoperta dell’ambiente naturale come conseguenza del carico di patologie mentali e di malessere psicologico dovuto a stili di vili non salutari e a carichi di lavoro molto pesanti. Le potenzialità future di queste pratiche sono enormi, soprattutto se saremo in grado di mettere a sistema il bagaglio di nozioni già accumulate in diversi settori disciplinari, per una migliore e più consapevole fruizione del patrimonio naturale del nostro paese al fine di promuoverne l’uso e la conservazione, allo stesso tempo migliorando il benessere e la salute della nostra specie.
Marina Boido e Alessandro Vercelli
Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi. Università degli Studi di Torino
Negli anni Ottanta è stato coniato in Giappone il termine “Shinrin-yoku”, che potremmo tradurre in italiano come “bagno di foresta” (o “Forest bathing”, in inglese). È considerato una forma di terapia della natura: tramite i nostri sensi possiamo trarre giovamento da una passeggiata nei boschi, respirandone l’aria, apprezzandone i colori e percependone i suoni. L’immersione totale nell’atmosfera del bosco dona una straordinaria sensazione di benessere al nostro organismo. Non stupisce quindi che sia una pratica ormai molto diffusa, approdata anche in Italia: diverse regioni (dal Piemonte alla Sicilia) offrono percorsi in mezzo al verde, magari vicino a laghi in cui le montagne possano specchiarsi, per camminare alcune ore, facendo un’esperienza immersiva e rigenerante nel bosco.
Perché stare in mezzo alla natura è così importante per la nostra salute fisica e mentale? Come vivere vicino al verde (alberi, prati, foreste, parchi) o al blu (laghi, fiumi, acque costiere) può influenzare il nostro corpo e la nostra mente?
Se fino a pochi anni fa vi erano solo prove empiriche che il contatto con la natura giovasse al nostro benessere psico-fisico, studi recenti hanno cominciato a dimostrare scientificamente che l’esposizione ad ambienti naturali può generare reali cambiamenti nel nostro corpo. Le prime evidenze riguardano il sistema cardiovascolare: l’esperienza della natura riduce sensibilmente la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca. È inoltre in grado di modulare positivamente l’azione del sistema immunitario, e svolgere un’attività anti-infiammatoria e anti-ossidante.
Ancora più evidenti sembrano gli effetti sulla salute mentale. Stare in mezzo alla natura promuove felicità e benessere, e diminuisce il disagio mentale, l’ansia e la depressione. Studi sperimentali hanno inoltre dimostrato come possa positivamente influenzare vari aspetti della funzione cognitiva, della memoria e dell’attenzione.
Ancestralmente i colori verde e blu evocano l’idea di natura, armonia, equilibrio, ... concetti che sono connessi a una sensazione rasserenante e di tranquillità. Esperimenti in cui alcuni ambienti universitari erano dipinti di verde e altri no hanno dimostrato una preferenza degli studenti per gli ambienti colorati di verde, più rilassanti e allegri. Ma qual è il motivo? Come e perché la natura può evocare le risposte fisiche e mentali descritte?
Gli studi sugli effetti del Shinrin-yoku hanno evidenziato come le piante possano rilasciare sostanze volatili in grado di indurre risposte benefiche su tutto il nostro corpo, agendo sui sistemi cardiocircolatorio e immunitario. Tali sostanze sembrano però molto efficaci anche sul nostro sistema nervoso, su cui possono agire sostenendo la funzionalità del cervello, diminuendo l’affaticamento mentale, inducendo il rilassamento, migliorando le prestazioni cognitive e l’umore. Tra queste molecole, sono stati identificati dei metaboliti vegetali secondari chiamati terpenoidi e terpeni (tra cui pinene, limonene, carvone, β-cariofillene), che hanno dimostrato un’ampia gamma di attività biologiche: ciò suggerisce che gli aerosol forestali contenenti questi composti possono essere correlati agli effetti benefici del forest bathing. Alcune di queste sostanze, oltre ad esibire una forte attività antiossidante e anti-neuroinfiammatoria, sembrano essere anche neuroprotettive: dunque in futuro farmaci a base di terpenoidi (magari somministrati come aerosol) potrebbero svolgere un ruolo significativo nel trattamento delle malattie neurodegenerative umane.
Ciò permette di menzionare un concetto relativamente nuovo che è quello di “esposoma”, coniato nel 2005 da C.P. Wild: esso è definito come “the totality of human environmental exposures from conception onwards, complementing the genome”, cioè l’insieme dei fattori ambientali (positivi o negativi) a cui ogni individuo è esposto durante l’intero corso della vita e che possono complementare (e persino modificare) l’espressione del nostro genoma. Anche l’immersione nella natura rientra quindi nel concetto di esposoma e sono in corso numerosi studi per comprendere quali modificazioni genetiche possa innescare.
Alcune ricerche suggeriscono inoltre che potrebbe non bastare respirare l’aria di un bosco per ottenere un effetto positivo sull’attività cerebrale e sulle risposte psicologiche, ma sia necessario vedere le piante e contemplare l’ambiente naturale: infatti sembra che i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress) diminuiscano in particolare quando sia possibile osservare un bosco, piuttosto che respirarne l’aria, contribuendo a donare un senso di rilassamento. I meccanismi biologici alla base di queste risposte non sono ancora del tutto noti e potrebbero anche dipendere da una sorta di effetto placebo (dovuto a fenomeni psico-biologici legati alla visualizzazione di scene naturali), in grado di indurre variazioni dei livelli ormonali, che non si osservano invece visualizzando scene con soggetti umani. Partendo da questo presupposto, si potrebbe pensare di proporre a pazienti con disabilità o altri problemi di salute di visualizzare una foresta sfruttando la realtà virtuale, per facilitare il recupero dallo stress.
Utilizzando computer, appositi visori ed interfacce specifiche, la realtà virtuale ci permette di simulare situazioni reali. Possiamo così essere in casa nostra ma avere la percezione di trovarci in un bosco. Durante il lockdown imposto dalla pandemia COVID-19, le esperienze di “virtual forest bathing” sono proliferate, per fornire una soluzione calmante e rilassante all’ansia indotta dall’isolamento.
Benché come detto la semplice visione della natura sembra di per sé capace di indurre effetti benefici, potremmo aspettarci che l’effetto venga massimizzato associando la realtà virtuale ad inalazione di terpeni e ad una modesta attività fisica. Set up così completi non sono però al momento ancora disponibili.
Naturalmente vi sono altre componenti dell’esperienza della natura che verosimilmente contribuiscono a generare gli effetti benefici descritti. L’attività fisica che si pratica passeggiando è di per sé in grado di ridurre la pressione sanguigna, abbassare la glicemia
e il colesterolo, prevenendo così malattie cardiovascolari e metaboliche, per esempio. Ma può anche esercitare effetti positivi sulle capacità cognitive, migliorando la memoria e l’attenzione (perché a livello cellulare influenza le connessioni tra i neuroni e contribuisce a rendere il cervello più plastico, oltre a far liberare molecole come le exerchine e l’osteopontina). Naturalmente sono in corso studi per comprendere se camminare in un bosco faccia davvero la differenza rispetto a passeggiare per esempio in centro città per guardare le vetrine dei negozi, e dunque confermare che l’esperienza della natura sia fondamentale come sembra.
Inoltre tali esperienze possono avere un valore sociale: i bagni di foresta, benché praticabili anche in solitaria, sono di solito esperienze di gruppo, in cui si può socializzare e stare in compagnia: ciò fa bene all’umore e alla salute, rallentando il processo di invecchiamento cellulare (anche dei nostri neuroni), preservando la memoria e riducendo lo stress.
Oltre ai possibili impieghi terapeutici associati al contatto con il verde, quanto detto dovrebbe essere tenuto in conto anche per ispirare i principi urbanistici del futuro: con la riduzione del contatto umano con la natura e la rapida urbanizzazione a livello globale, si rende necessario preservare e migliorare le opportunità per l’esperienza della natura. Inoltre ciò è strettamente connesso anche al recente concetto di “one health”, secondo il quale la salute umana, la salute animale e la salute dell’ecosistema sono indissolubilmente legate e interconnesse. Gli studi in corso potranno aiutare individui, comunità, medici e decisori pubblici a comprendere sempre meglio ed a preservare quella linea diretta che esiste tra salute umana, pubblica e planetaria.
Qing Li
Professore clinico della Nippon Medical School, Tokyo.
Presidente della Società giapponese di medicina forestale.
Vicepresidente e Segretario generale della Società internazionale
di medicina della natura e delle foreste.
Direttore della Società giapponese di terapia forestale
Che cos’è lo Shinrin-yoku / Forest bathing?
Da sempre gli esseri umani apprezzano gli ambienti forestali per l’atmosfera tranquilla, la bellezza dei paesaggi, il clima mite, gli aromi piacevoli e l’aria fresca e pulita. Ricercatori giapponesi hanno cercato di individuare effetti preventivi delle foreste contro le malattie non trasmissibili e hanno proposto un nuovo concetto chiamato “Shinrin-yoku / Forest bathing”.
Shinrin-yoku è tradotto in inglese con Forest bathing. Shinrin in giapponese significa “foresta” e yoku significa “bagno”. Pertanto, Shinrin-yoku significa fare il bagno nell’atmosfera della foresta, o immergersi nella foresta attraverso i nostri sensi. Non si tratta di fare esercizio fisico, né escursioni o jogging ma, semplicemente, stare nella natura, connettendosi con essa attraverso la vista, l’udito, il gusto, l’olfatto e il tatto. Lo Shinrin-yoku è come un ponte. Aprendo i nostri sensi, colma il divario tra noi e il mondo naturale.
Le persone possono godere dello Shinrin-yoku attraverso tutti e cinque i sensi.
1. Senso della vista: i colori verde, giallo e rosso, il paesaggio della foresta, ecc.
2. Senso dell’olfatto: l’odore peculiare, la fragranza degli alberi e dei fiori, i fitoncidi.
3. Senso dell’udito: suoni della foresta, ascoltare il canto degli uccelli e il fruscio della brezza tra le foglie degli alberi.
4. Senso del tatto: toccare gli alberi, immergere tutto il corpo nell’atmosfera della foresta.
5. Senso del gusto: mangiare i cibi e i frutti della foresta, gustare l’aria fresca della foresta.
Perché il bagno nella foresta/shinrin-yoku è necessario?
Stress è una parola chiave per capire perché lo Shinrin-yoku è necessario. Nel 1984 è stato coniato il termine “tecnostress” per descrivere un comportamento malsano nei confronti delle nuove tecnologie. Il tecnostress può derivare dalle diverse modalità del loro utilizzo quotidiano, come controllare costantemente il telefono, condividere compulsivamente aggiornamenti e sentire la necessità di essere sempre connessi. I sintomi vanno da ansia, mal di testa, depressione, affaticamento mentale, affaticamento degli occhi e del collo, fino a insonnia, frustrazione, irritabilità e cattivo umore. Dal 2000 siamo ufficialmente diventati una specie urbana. Secondo la United Nations Population Division, la popolazione urbana mondiale è passata da appena 746 milioni nel 1950 a 3,9 miliardi nel 2014. Entro il 2050, il 75% dei previsti 9 miliardi di abitanti del mondo vivrà nelle città. In Giappone, tumori e malattie non trasmissibili, come quelle cardiache, cerebrovascolari, il diabete e l’ipertensione, sono in aumento e più della metà dei decessi è attribuita alle malattie non trasmissibili. Secondo il Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare del Giappone, la percentuale di lavoratori affetti da ansia e stress era superiore al 50% nel 1982, 62,8% nel 1997, 58% nel 2007 e 60,9 nel 2012, ciò suggerisce un importante problema di salute mentale. Lo stress può indurre quasi tutte le malattie legate allo stile di vita, come tumori, ipertensione, depressione, malattie cardiovascolari, ictus, ulcera gastrica, obesità, alcolismo, disturbi da panico e disturbi alimentari. Pertanto, la gestione della salute dei lavoratori, soprattutto in relazione alle malattie legate allo stress, è diventata un’importante questione sociale ed è necessario un nuovo metodo di prevenzione efficace.
In Giappone esiste anche il fenomeno noto come “karoshi”, o morte per eccesso di lavoro. Nel 2016, il Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare ha pubblicato un documento approvato dal Gabinetto sull’entità del lavoro straordinario in Giappone. Quasi il 23% delle aziende ha dichiarato che i propri dipendenti effettuano più di ottanta ore di straordinario al mese. Di queste aziende, l’11,9% ha dichiarato che alcuni dipendenti hanno lavorato più di cento ore di straordinario al mese. È dunque urgente stabilire misure preventive contro lo stress e le malattie legate allo stile di vita.
L’ambiente forestale è da sempre apprezzato per la sua atmosfera tranquilla, i bei paesaggi, il clima calmo, l’aria fresca e pulita e il profumo speciale. Empiricamente, gli ambienti forestali possono ridurre lo stress e avere un effetto rilassante; pertanto, camminare in parchi e foreste può avere effetti benefici sulla salute umana. Sulla base di queste premesse, nel 1982 l’Agenzia Forestale del Giappone ha introdotto un programma sanitario nazionale per il Forest bathing, o Shinrin-yoku, per la gestione dello stress dei lavoratori.
Nel 2005 ho condotto il primo studio sullo Shinrin-yoku a Liyama, nella prefettura di Nagano in Giappone; i termini Shinrin-yoku e Forest bathing in inglese sono stati da me nominati e definiti per la prima volta in quello studio. Lo Shinrin-yoku è anche una breve visita di piacere in una foresta, con un effetto simile a quello dell’aromaterapia naturale, allo scopo di rilassarsi e di respirare sostanze volatili chiamate fitoncidi (oli essenziali del legno) derivati dalle piante, come l’alfa-pinene e il limonene1-8. Poiché le foreste occupano il 67% del territorio giapponese, lo Shinrin-yoku è facilmente accessibile ed è diventata un’attività riconosciuta di rilassamento e/o di gestione dello stress. Come metodo di prevenzione delle malattie e di promozione della salute sta guadagnando attenzione pubblica. A indicare la sua popolarità, secondo un sondaggio condotto in Giappone nel 2003, il 25,6% degli intervistati aveva partecipato a un’esperienza di Shinrin-yoku. Attualmente, i termini “Shinrin-yoku” e “Forest bathing” sono riconosciuti a livello internazionale, e sono diventati titoli di libri in inglese e in altre lingue
Shinrin-yoku basato sull’evidenza
C’è chi studia la foresta, chi la medicina, io studio la medicina forestale al fine di trovare gli effetti benefici dello Shinrin-yoku sulla salute umana.
In Giappone, dal 2004, sono stati condotti studi costanti per indagare questo tema. Il mio gruppo di ricerca ha ottenuto una grande quantità di dati che dimostrano che i bagni nella foresta promuovono la salute fisica e mentale riducendo lo stress.
1. Effetti dello Shinrin-yoku sul sistema immunitario
È noto che il sistema immunitario, comprese le cellule natural killer (NK), svolge un ruolo importante nella difesa da batteri, virus e tumori. È altrettanto noto che lo stress inibisce la funzione immunitaria. L’ambiente può ridurre lo stress. Pertanto, ho ipotizzato che l’ambiente forestale possa avere un effetto benefico sulla funzione immunitaria riducendo lo stress. Ho quindi condotto diversi esperimenti per studiare gli effetti dello Shinrin-yoku.
Nel primo studio 12 soggetti sani di sesso maschile, di età compresa tra 37 e 55 anni, sono stati selezionati da tre grandi aziende di Tokyo. I soggetti hanno partecipato a un viaggio di tre giorni/due notti nelle aree forestali di Liyama, nella prefettura di Nagano, situata nella regione di Chubu, regione del Giappone, all’inizio di settembre 2005. Il primo giorno i soggetti hanno camminato per circa 2,5 km. Il secondo giorno hanno camminato per circa 2,5 km per due ore, rispettivamente al mattino e al pomeriggio, in due diversi parchi forestali; il terzo giorno hanno terminato il viaggio e sono tornati a Tokyo, dopo un prelievo di sangue e la compilazione di un questionario.
Le passeggiate nelle foreste hanno aumentato in modo significativo l’attività NK e il numero di cellule NK. L’attività delle cellule NK è passata dal 17,3% al 26,5%, con un aumento del 53,2%. Il numero di cellule NK è passato da 440 a 661, con un aumento del 50%. È stato segnalato che le cellule NK uccidono le cellule tumorali o infettate da virus mediante il rilascio di perforina, granzimi e GRN attraverso l’esocitosi dei granuli. È stato riscontrato che il bagno nella foresta ha anche aumentato in modo significativo il numero di linfociti intracellulari che esprimono perforina, GRN e GrA/B. Va detto che la visita turistica di una città non ha aumentato l’attività NK umana, il numero di cellule NK o l’espressione della perforina intracellulare selezionata, del GRN e del GrA/B, indicando che l’aumento dell’attività NK durante il bagno nella foresta non è dovuto al viaggio stesso, ma all’ambiente forestale.
Per verificare la durata dell’aumento dell’attività NK dopo un bagno nella foresta, nel 2006 ho condotto il secondo esperimento nel luogo di nascita dello Shinrin-yoku, in Giappone. Il viaggio Shinrin-yoku ha aumentato significativamente l’attività NK, il numero di cellule NK e le percentuali di cellule che esprimono GRN, perforina e GrA/B nel PBL, confermando i risultati precedenti. L’incremento è durato più di 7 giorni e addirittura 30 giorni nel caso dell’attività NK, del numero di cellule NK e delle cellule che esprimono GRN e GrB.
Il dato importante è che visitare una foresta, piuttosto che una città, aumenta l’attività delle cellule NK e i livelli intracellulari di perforina, GRN e GrA/B. È molto importante per la medicina preventiva.
Ho anche scoperto che lo Shinrin-yoku ha agito significativamente nei soggetti di sesso femminile. L’aumento dell’attività NK e dei tassi di positività delle cellule NK, perforina, GRN e GrA/B è durato per più di 30 giorni dopo il viaggio, confermando i risultati precedenti nei soggetti di sesso maschile. Inoltre, ho scoperto che anche una gita di un giorno in un parco forestale ha aumentato l’attività delle NK umane nei soggetti di sesso maschile. I fitoncidi rilasciati dagli alberi hanno aumentato significativamente l’attività delle NK umane e i livelli intracellulari di perforina, GrA e GRN nelle cellule NK umane sia in vitro che in vivo. L’esposizione ai fitoncidi ha diminuito significativamente le concentrazioni di adrenalina e noradrenalina nelle urine, indicando che l’esposizione ai fitoncidi e la diminuzione dei livelli di ormoni dello stress possono contribuire in parte all’aumento dell’attività NK.
Nel complesso, poiché le cellule NK possono uccidere le cellule tumorali rilasciando proteine antitumorali, come la perforina, il GRN e il GrA/B, e la terapia forestale aumenta l’attività delle NK e il livello intracellulare di proteine antitumorali, i risultati di cui sopra suggeriscono che lo Shinrin-yoku può avere un effetto preventivo sulla generazione e lo sviluppo del cancro.
2. Effetti dello Shinrin-yoku sul sistema nervoso
Le foreste regolano anche il sistema nervoso.
Il sistema nervoso è composto dal sistema nervoso simpatico (la parte “combatti o fuggi”, che mette in moto il cuore) e dal sistema nervoso parasimpatico (la parte “riposa e recupera”, che calma tutto). Il buon senso ci dice che trascorrere del tempo nella natura ci aiuta a rilassarci e a sentirci calmi. Molti studi hanno evidenziato che lo Shinrin-yoku può aumentare l’attività del nervo parasimpatico e ridurre quella del nervo simpatico, mostrando effetti rilassanti e psicologicamente calmanti.
3. Effetti dello Shinrin-yoku sugli ormoni dello stress
Esistono tre tipi di ormoni dello stress: l’adrenalina (che indica principalmente lo stress mentale), la noradrenalina (che indica principalmente lo stress fisico) e il cortisolo (che può indicare entrambi).
Il mio gruppo di ricerca ha scoperto che lo Shinrin-yoku e i fitoncidi possono ridurre gli ormoni dello stress, come l’adrenalina, la noradrenalina e il cortisolo e possono contribuire alla gestione dello stress. Inoltre, poiché l’effetto del bagno nella foresta sull’adrenalina era maggiore di quello sulla noradrenalina, l’effetto sullo stress mentale era maggiore di quello sullo stress fisico.
4. Effetti dello Shinrin-yoku sulla pressione sanguigna e sulla frequenza cardiaca
Molti rapporti hanno rilevato che gli ambienti forestali riducono i livelli di pressione sanguigna e di frequenza cardiaca in soggetti di mezza età con pressione sanguigna alta o normale. Ho notato che lo Shinrin-yoku ha ridotto significativamente la pressione sanguigna di 7 mmHg sia per la SBP – pressione arteriosa sistolica media (da 141 a 134 mmHg), sia per la DBP – pressione arteriosa diastolica media (da 86 a 79 mmHg). Ciò suggerisce che camminare in un parco forestale, fuori da un’area urbana, ha ridotto la pressione sanguigna e che la terapia forestale ha un potenziale effetto preventivo sull’ipertensione.
5. Potenziali effetti preventivi dello Shinrin-yoku sugli stati depressivi
Lo Shinrin-yoku è in grado di ridurre i sintomi di ansia, depressione, rabbia, stanchezza e confusione e di aumentare il vigore nel test Profile of Mood States (POMS) in soggetti sia di sesso maschile. sia femminile. Inoltre, il bagno nella foresta è particolarmente efficace contro lo stress e la stanchezza mentale. Li e altri hanno riferito che lo Shinrin-yoku ha aumentato significativamente il livello di serotonina nel siero e il punteggio di vigore e diminuito il punteggio di fatica nel test POMS. Questi studi suggeriscono che lo Shinrin-yoku ha un effetto preventivo sui soggetti in stato di depressione.
6. Effetti dello Shinrin-yoku sul sonno
Tre studi hanno analizzato l’effetto dello Shinrin-yoku sul sonno. In precedenza abbiamo riscontrato che lo Shinrin-yoku aumentava significativamente il tempo di sonno nei lavoratori d’ufficio maschi di mezza età. Recentemente, il mio gruppo di ricerca ha scoperto che lo Shinrin-yoku ha migliorato significativamente la sonnolenza al momento del risveglio e la sensazione di riposo (recupero dalla fatica) valutata dall’inventario del sonno Oguri-Shirakawa-Azumi versione MA (OSA-MA), indicando che lo Shinrin-yoku può migliorare la qualità del sonno. Anche Morita e altri hanno riferito che due ore di camminata nella foresta hanno migliorato le condizioni del sonno notturno in individui con disturbi del sonno, probabilmente come risultato dell’esercizio fisico e del miglioramento emotivo.
7. Effetti dello Shinrin-yoku sull’adiponectina
L’adiponectina è un ormone proteico del siero prodotto specificamente dal tessuto adiposo. Gli studi hanno dimostrato che una minore concentrazione di adiponectina nel sangue è associata a diversi disturbi metabolici, tra cui l’obesità, il DM (diabete mellito) di tipo 2, le malattie cardiovascolari e la sindrome metabolica. Studi recenti hanno suggerito che l’adiponectina mostra un’attività antitumorale in diversi tipi di cancro, tra cui quello alla prostata, al seno, all’endometrio, al cervello e al colon. Il mio gruppo di ricerca ha scoperto che lo Shinrin-yoku può aumentare il livello di adiponectina nel siero.
8. Effetti dello Shinrin-yoku sul deidroepiandrosterone solfato (DHEA-S)
I livelli di DHEA e DHEA-S, i principali prodotti secretatori della ghiandola surrenale, diminuiscono drasticamente con l’età, in concomitanza con l’insorgenza di cambiamenti degenerativi e di malattie croniche associate all’invecchiamento. L’evidenza epidemiologica nell’uomo suggerisce che il DHEA-S ha proprietà cardioprotettive, antiobesità e antidiabetiche. Il mio gruppo di ricerca ha scoperto che lo Shinrin-yoku aumenta significativamente i livelli sierici di deidroepiandrosterone solfato (DHEA-S) levels.
9. Il potenziale effetto preventivo dello Shinrin-yoku sulle malattie non trasmissibili
È stato rilevato che lo stress può indurre e/o esacerbare molte malattie non trasmissibili, come tumori, ipertensione, cardiopatia ischemica, ulcera gastrointestinale e depressione. Lo Shinrin-yoku può ridurre i livelli degli ormoni dello stress, come l’adrenalina urinaria, la noradrenalina urinaria, il cortisolo salivare, e il cortisolo ematico; riduce la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca, mostrando un potenziale effetto preventivo sull’ipertensione; inoltre riduce efficacemente i livelli di glucosio nel sangue in pazienti affetti da DM (diabete mellito) di tipo 2 e mostra un effetto preventivo sul DM di tipo 2.
Inoltre, mostra potenziali effetti preventivi sulla depressione riducendo gli ormoni dello stres e la riduzione di emozioni negative come ansia, depressione, rabbia, stanchezza, confusione, aumentando il livello di serotonina nel siero e sensazioni positive come il vigore.
Anche l’aumento del livello di adiponectina nel siero e di DHEA-S indotto dallo Shinrin-yoku contribuisce a questo effetto. Inoltre può avere effetti preventivi sui tumori aumentando le proteine antitumorali nelle cellule NK, come la perforina, la granulisina e i granzimi.
10. Potenziali effetti preventivi dello Shinrin-yoku sul COVID-19
Gli anziani e i pazienti con malattie di base come il diabete, l’ipertensione, le malattie cardiache e quelle respiratorie possono facilmente sviluppare il COVID-19 e vedere aggravarsi le proprie condizioni; inoltre, il tasso di mortalità è più elevato a causa della ridotta funzione immunitaria di questi pazienti38.
La funzione immunitaria è molto importante per prevenire il COVID-19. Lo Shinrin-yoku può potenziarla e avere dunque un effetto preventivo sul COVID-19. Anche lo stress mentale e i vari disturbi mentali dovuti al lockdown e all’isolamento sono problemi sociali importanti. La pratica riduce le emozioni negative, lo stress mentale e gli ormoni dello stress e aumenta il vigore.
Infatti, il mio gruppo di ricerca ha scoperto che l’esposizione virtuale ad ambienti forestali, basata su stimoli audiovisivi veicolati da un breve video al computer che mostrava ambienti forestali, con un video urbano come controllo, si è dimostrata efficace per ridurre le emozioni negative come l’ansia nelle persone costrette a chiudersi in spazi limitati in Italia durante la pandemia39. Anche Kim e altri, nell’ambito di un programma di guarigione in una foresta coreana, hanno riportato gli effetti positivi sullo stress motorio e sulla qualità del sonno degli operatori sanitari esausti durante l’epidemia in Corea.
Lo Shinrin-yoku ha anche effetti preventivi sull’ipertensione e sulle malattie cardiache. Nel complesso, lo Shinrin-yoku svolge un ruolo molto importante nella prevenzione del COVID-19, rafforzando la funzione immunitaria e riducendo lo stress mentale nella gestione della salute e nella prevenzione delle malattie dopo il COVID-19.
Bibliografia
Marco Battain
Presidente del CAI Torino
e referente del gruppo “La montagna che aiuta”
La frequentazione dell’ambiente della montagna è uno dei due pilastri (l’altro è il gruppo) su cui poggia la montagnaterapia, una forma di riabilitazione bio-psico-sociale per persone con problemi motori, sensoriali, relazionali e sociali.
Da qualche decennio, ormai, questa pratica ha preso piede anche in Italia ed è presente in oltre cento Sezioni del Club Alpino Italiano, che collaborano con il Servizio Sanitario, Enti, Associazioni e Comunità, accompagnando le attività tramite i propri soci.
Per la maggior parte delle persone che lo frequentano, l’ambiente montano è un ambiente “altro”, soprattutto in quanto è percepibile come paesaggio meno antropizzato rispetto a quasi tutti i luoghi di residenza abituale. La sua “naturalità” discende dalla relativa assenza di costruzioni, rumori, odori ed altre percezioni sensoriali quasi mai gradevoli: d’altro canto, e ovviamente a ben vedere, esiste anche in montagna analoga serie di stimoli ugualmente meno piacevoli, alla conformazione del suolo, ai rigori invernali delle zone in ombra e così via.
Tuttavia, non si può negare che esista un quid che mantiene
ancora positiva la differenza rispetto alle aree urbanizzate, almeno nella media montagna,
perché
ovviamente le alte quote si presentano in modo non propriamente amichevole per tutti, alpinisti
compresi: la combinazione di colori “al posto giusto” (come il verde dei prati o dei boschi,
l’azzurro
del cielo e dei laghetti alpini), il rumore dell’acqua che scorre in un ruscello, la purezza
dell’aria e
il profumo dei fiori, il calore del sole sulla pelle, il sapore genuino di cibi locali, persino
il
volteggiare in cielo di un rapace costituiscono un paesaggio armonico e perciò in un certo grado
rassicurante e benefico. Nonostante l’obiettivo della medicina di montagna non sia quello di
voler
individuare a tutti i costi un meccanismo neurofisiologico o psicologico legato al rapporto che
si
instaura tra essere umano e natura delle terre alte, si può comunque facilmente riscontrare in
tutti
coloro che amano frequentare la montagna una sorta di esplicito desiderio di ripetizione delle
esperienze sensoriali basiche sopra accennate.
Il piccolo prezzo per godere di queste gradevoli
sensazioni può essere quello di una certa fatica sul piano inclinato, di un fardello con
equipaggiamento
e provviste, della necessità di calzature più pesanti del solito, del sudore, dell’affanno o di
qualche
altro modesto disagio: nell’ambito delle attività della montagnaterapia – che non è mossa nei
volontari
CAI da intenti di analisi o di verifica sul piano scientifico – non si cercano né risultati
prestazionali eclatanti né mete altisonanti, perché lo scopo è quello di superare tutti insieme
(in
gruppo) delle difficoltà obiettivamente magari modeste ma individualmente anche importanti. Si
pensi ad
esempio al graduale ritorno in montagna di un socio che abbia avuto una malattia del corpo: non
può
ambire fin da subito a grandi risultati, ma, con la sensazione di armonia con l’ambiente e la
disponibilità dei compagni di cordata (reale o virtuale, non importa), la sua montagna
ri-diventa
possibile. Analogamente, una persona con malattia mentale che abbia difficoltà relazionali trova
in
montagna un paesaggio meno complesso, un ambiente naturale meno affollato di insidie e un
ambiente umano
ricco di messaggi positivi. Un meccanismo simile si riscontra anche in quelle
persone che, a causa di limitazione motoria, possono raggiungere le mete desiderate soltanto con
l’uso
di ausili da fuoristrada: in questi casi solo la solidarietà di altri soci consente il
raggiungimento
dei benefici auspicati.
In aggiunta agli stimoli sensoriali della montagna e della natura, la frequentazione associativa dell’ambiente montano – almeno secondo l’esperienza maturata nell’ambito della montagnaterapia – mette in atto processi trasformativi relazionali che progressivamente rinforzano il corpo e la mente: in quest’ultima, l’appartenenza ad un gruppo consolidato di “montagnini” nel quale occupare un posto e un ruolo riconosciuto, consolidano la determinazione a risalire la china della vita e della società.
Nella preparazione di un progetto di montagnaterapia l’associazione, il centro o il servizio fissano gli obiettivi generali e specifici per tipologie di disagio, per raggiungere i quali richiedono la collaborazione dei volontari del CAI: apposite riunioni sono programmate proprio allo scopo di misurare le differenze di sensazioni, opinioni, comportamenti, atteggiamenti e quant’altro fra il prima ed il dopo di ogni attività. Purtroppo non ancora per tutti i parametri esistono strumenti di misura validati.
La frequentazione delle terre alte da parte di gruppi di montagnaterapia avviene con un approccio piuttosto delicato, (in Piemonte nel rispetto della Carta Etica della Montagna), perché è attuata in piccoli gruppi, in tutte le stagioni, senza infrastrutture apposite, con interesse culturale alle tradizioni e alle comunità locali e con l’attenzione ai fenomeni in atto e futuri legati ai cambiamenti climatici: si dice comunemente che la montagnaterapia fa bene anche alla montagna.
Giuseppe Barbiero e Rita Berto
GREEN LEAF - Groupe de Recherche en Education à l’Environnement et à la Nature, Università della Valle d’Aosta
Lasciarsi toccare dalla Montagna
Il nostro rapporto con la Montagna è ricco e complesso. Nell’immaginario umano la Montagna è metafora di fermezza, fierezza, antichità, sacralità, sobrietà. Fin dall’alba dei tempi abbiamo ammirato la grandezza delle catene montuose e onorato la loro vetustà. Coltiviamo un timore reverenziale nei confronti della Montagna, perché la Montagna ha una sua sacralità. Molti avvenimenti che hanno un rilievo spirituale sono avvenuti in Montagna. Solo per limitarci alla nostra tradizione, la consegna delle tavole della legge a Mosè è avvenuta sul Monte Oreb, la trasfigurazione di Gesù sul Monte Tabor. La Montagna è un luogo dove il mondo selvatico resiste alla domesticazione, dove è più difficile coltivare piante e allevare animali.
La Montagna è luogo di sobrietà, dove le risorse sono centellinate e si impara la parsimonia. Si forgia così il carattere dei popoli di Montagna, gente pratica che mira all’essenziale, poco incline alla speculazione. La Montagna è anche luogo di rifugio di eremiti e di indomiti ribelli come i partigiani della Resistenza al nazifascismo.
La Montagna è maestra di vita. Noi del Laboratorio di Ecologia Affettiva dell’Università della Valle d’Aosta abbiamo ripreso le metafore della Montagna e le abbiamo utilizzate come insegnamenti per una scuola che si lascia “toccare” dalla Montagna. È nata così la “scuola che ascolta la Montagna”, originariamente a Gressoney-La-Trinité e successivamente estesa a diverse altre scuole rurali della Valle d’Aosta. Una scuola costruita intorno a tre punti cardinali: il silenzio per ascoltare la Montagna (mindful silence), il contatto diretto con la Montagna (outdoor education) e l’accoglienza della Montagna in classe (biophilic design).
Mindful silence: il silenzio per ascoltare la Montagna
Una scuola che vuole ascoltare la Montagna deve prima di tutto imparare a fare silenzio. Ma c’è silenzio e silenzio. Infatti, c’è un silenzio che possiamo definire passivo, imposto dall’esterno (genitori, insegnanti, caratteristiche del luogo, tipo di attività) dove si trattiene la voce, ma non i pensieri che prontamente intervengono a colmare quel silenzio. E c’è un silenzio attivo, che al contrario sorge dall’interno. Questo è il silenzio che apre a una dimensione nuova dell’attenzione. Noi pensiamo che il silenzio sia un bisogno primario che però va educato come qualsiasi altra competenza dei bambini. Per questo abbiamo proposto ai bambini un silenzio scelto liberamente da loro stessi, il silenzio attivo appunto, che abbiamo chiamato mindful silence, cioè silenzio consapevole.
A partire dal 2007 abbiamo iniziato un percorso di osservazioni sperimentali per verificare se la pratica del silenzio attivo potesse avere un effetto sulla capacità di attenzione dei bambini. Nel 2012 abbiamo dimostrato che il silenzio attivo era più efficace del gioco libero nel rigenerare l’attenzione dei bambini dopo l’affaticamento mentale causato dall’attività scolastica. Infine, nel 2015, abbiamo messo a punto il cosiddetto Standard di Étroubles, dove abbiamo dimostrato che il bosco alpino è l’ambiente più efficace per rigenerare l’attenzione dei bambini, ma il silenzio attivo è decisamente più efficace del gioco libero se i bambini sono limitati ad un ambiente al chiuso. Le esperienze dello Standard di Étroubles sono poi confluite nel progetto Bracing Biophilia che ha coinvolto la scuola primaria di Gressoney-La-Trinité. A Gressoney-La-Trinité il silenzio attivo è stato il filo conduttore di tutta la sperimentazione didattica. Il silenzio è entrato nella vita scolastica dei bambini in maniera progressiva, affinché i bambini diventassero padroni e custodi consapevoli del proprio silenzio. Dopo due anni di lavoro, dove il silenzio attivo è stato scelto con continuità in un ambiente altamente rigenerativo, i bambini mostravano di aver migliorato la propria capacità attentiva.
Outdoor education: il contatto diretto con la Montagna
Cosa succede quando uniamo il potere rigenerativo del silenzio attivo con il potere rigenerativo della Montagna? Questa era la domanda di Bracing Biophilia, un programma di ricerca volto a stimolare e a sostenere la biofilia dei bambini, che abbiamo condotto nella scuola primaria di Gressoney-La-Trinité in Valle d’Aosta. Gressoney-La-Trinité è un comune di circa 300 anime, appartenente alla Unité des Communes valdôtaines Walser, posto ai piedi del Monte Rosa nell’alta Valle del Lys. L’ambiente naturale dell’alta Valle del Lys è ben conservato e si presta a svolgere attività educative all’aperto in ambienti ad alta qualità biofila. La biofilia è la nostra innata predisposizione a stabilire un legame emotivo con il mondo vivente. Essa comprende un insieme di attitudini, di emozioni e di valori che, nel loro insieme, costituiscono il nostro rapporto con la Natura. La biofilia è presente in tutti i bambini, ma spesso non viene né stimolata né sostenuta, perché i bambini vivono al chiuso in contesti urbani totalmente artificiali, dove la Natura è invisibile o addirittura assente. L’intento principale di Bracing Biophilia era quello di utilizzare la Valle del Lys come ambiente di apprendimento. Per stimolare la biofilia degli alunni è stato predisposto un apposito programma didattico all’aperto con quattro obiettivi: (1) stimolare la consapevolezza degli alunni rispetto ai cicli naturali; (2) stimolare la capacità di osservazione e di descrizione degli alunni del territorio in cui vivono per rinforzare la loro identità di luogo; (3) introdurre la pratica del silenzio attivo per rendere gli alunni più consapevoli in relazione all’ambiente naturale; (4) introdurre pratiche di sostenibilità che portino gli alunni verso un modello di responsabilità.
Biophilic design: l’accoglienzadella Montagna in classe
L’attività in una scuola biofila prevede momenti didattici che si svolgono all’aperto a contatto diretto con la Montagna (outdoor) e momenti didattici che si svolgono all’interno dell’aula scolastica (indoor). Le aule scolastiche convenzionali sono ambienti artificiali che non stimolano la biofilia, anzi interrompono la fascinazione che la Natura esercita sui bambini e, a lungo andare, ne inibiscono la loro biofilia. Diventa quindi necessaria una riprogettazione dell’aula scolastica che riduca il divario tra ambiente interno e esterno. La progettazione biofila (biophilic design) è un tipo di progettazione edilizia che realizza ambienti artificiali ricchi di Natura (reale e/o riprodotta nelle forme, nei colori, nei materiali) capaci di sostenere la biofilia dei bambini.
La scuola primaria di Gressoney-la-Trinité è una piccola scuola rurale di montagna che consiste di tre aule: un’aula didattica grande, un’aula didattica piccola e un’aula polifunzionale utilizzata principalmente come mensa. Fino all’estate del 2017 la scuola ha mantenuto il suo assetto originale, con le tre aule che nel loro insieme offrivano un ambiente di apprendimento convenzionale. Durante le vacanze estive del 2017 gli ambienti interni della scuola hanno subito un intervento di riqualificazione edilizia per trasformare l’ambiente di apprendimento convenzionale in un ambiente di apprendimento progettato secondo il biophilic design. L’intervento di riqualificazione ha interessato i tre ambienti della scuola – aula grande, aula piccola e aula polifunzionale – dove sono stati inseriti i più rilevanti accorgimenti architettonici e di design che caratterizzano la progettazione biofila. Particolare attenzione è stata riservata all’illuminazione rendendola diffusa e dinamica; alla creazione di spazi che possono offrire protezione e favorire l’esplorazione; alla connessione visiva con la Natura attraverso ampie finestre e alla connessione materiale con la Natura con pannelli decorativi di sughero bruno e lichene stabilizzato; alla connessione con il mondo vegetale inserendo delle piante da interno; e alla variabilità della temperatura e al flusso d’aria con un sistema di ventilazione meccanica e controllata.
Nella riqualificazione edilizia dell’aula polifunzionale abbiamo utilizzato a scopo sperimentale il Biophilic Quality Index (BQI – Indice di Qualità Biofila) uno strumento di misura tecnico che consente di valutare la qualità biofila di un ambiente e il suo valore rigenerativo, in pratica il BQI permette di perfezionare l’aspetto rigenerativo del biophilic design. L’aula polifunzionale è stata così riprogettata utilizzando il BQI, per realizzare il prototipo di ambiente scolastico che si avvicini il più possibile alle caratteristiche rigenerative dell’ambiente naturale all’aperto. Al termine dell’attività sperimentale, il 17 luglio 2019 la scuola primaria di Gressoney-La-Trinité è stata registrata per essere sottoposta al processo di certificazione Living Building Challenge (LBC), prima scuola europea che possiede i requisiti di biophilic design richiesti dal sistema di certificazione edilizia LBC.
Le verifiche sperimentali
La “scuola che ascolta la Montagna” può essere una bella idea, ma resta tale fino a quando non si dimostra sperimentalmente la sua efficacia come spazio didattico rigenerativo. Uno degli obiettivi del progetto Bracing Biophilia era confrontare gli ambienti scolastici interni convenzionali con gli ambienti di apprendimento progettati secondo il biophilic design, con gli ambienti di apprendimento all’aperto in Montagna. Se l’ipotesi della biofilia è corretta, allora vivere in ambienti che stimolino la biofilia dovrebbe facilitare il recupero dalla fatica mentale e di conseguenza migliorare le prestazioni scolastiche per effetto della fascinazione che la Natura esercita sui bambini.
Il nostro studio longitudinale di osservazione della biofilia dei bambini si è svolto in tre anni scolastici, dal 2016 al 2019, ed è uno degli studi più estesi nel tempo, nel panorama della ricerca sull’argomento. Il primo anno del programma (2016-17) è stato dedicato allo studio delle attività didattiche svolte normalmente a scuola, prima dell’intervento di riqualificazione edilizia e di progettazione biofila della scuola condotti durante l’estate del 2017. Per favorire la corretta fruizione degli ambienti riqualificati, a partire dal secondo anno (2017-18) una nostra ricercatrice (Alice Venturella, esperta in pedagogia all’aperto) ha accompagnato le insegnanti nel lavoro di integrazione delle attività didattiche tradizionali con le pratiche di silenzio attivo e di educazione all’aperto. A partire dal terzo anno del programma di ricerca (2018-19), il nostro laboratorio ha coordinato una serie di osservazioni sperimentali tese a verificare la qualità dell’intervento. Abbiamo messo a confronto le valutazioni soggettive e le prestazioni oggettive dei bambini di Gressoney-La-Trinité prima e dopo l’intervento di riprogettazione biofila (confronto entro i soggetti) e gli stessi bambini gressonari con i coetanei di una scuola urbana (confronto tra i soggetti). L’obiettivo specifico della ricerca era di valutare se l’intervento nel suo complesso avesse effettivamente ridotto i tempi necessari ai bambini per rigenerare l’attenzione diretta dopo la fatica mentale. Complessivamente, abbiamo raccolto 18 osservazioni sperimentali durante le quali abbiamo misurato i due costrutti della biofilia – fascinazione e affiliazione – e l’Indice Composito del Coinvolgimento della Classe, che è un predittore altamente affidabile della prestazione scolastica.
I dati raccolti durante le nostre osservazioni sperimentali sono in linea con l’ipotesi della biofilia. La fascinazione degli alunni, e quindi la loro rigenerazione dalla fatica mentale, cresce passando da un ambiente di apprendimento convenzionale ad un ambiente di apprendimento progettato secondo il biophilic design che più si avvicina all’ambiente di apprendimento all’aperto. Alleviare la fatica mentale migliora anche le prestazioni scolastiche e così anche l’Indice Composito del Coinvolgimento della Classe migliora passando da un ambiente di apprendimento convenzionale ad un ambiente di apprendimento biophilic designed. L’ambiente di apprendimento biophilic designed può essere ulteriormente migliorato se si adottano i criteri del Biophilic Quality Index, che consente di avvicinarsi ancora di più ad un ambiente di apprendimento in Natura, che è risultato il migliore in assoluto.
Infine, ma non meno importante, abbiamo rilevato che l’esposizione continua e diretta alla Natura per un tempo abbastanza lungo ha lentamente modificato il sentimento di affiliazione dei bambini con la Natura. Come abbiamo già detto, Bracing Biophilia è la prosecuzione ideale dello Standard di Étroubles, cioè di una serie di osservazioni sperimentali condotte in Natura su un gruppo di alunni di una scuola urbana che aveva dimostrato che (1) il bosco alpino può esercitare una fascinazione che attiva l’attenzione involontaria nei bambini e rigenerare la loro attenzione diretta e (2) i bambini sono in grado di percepire il valore rigenerativo di ambienti diversi. Tuttavia, lo Standard di Étroubles non aveva rilevato modificazioni significative nella connessione con la Natura dei bambini. La spiegazione più probabile è che per i bambini di una scuola urbana le attività sporadiche all’aperto non siano sufficienti a cambiare il sentimento di affiliazione con la Natura. Bracing Biophilia supera i limiti dello Standard di Étroubles nella sporadicità del contatto con la Natura degli alunni. Gli alunni di Gressoney-La-Trinité vivono quotidianamente in un ambiente rurale ad alta qualità biofila, ma come tutti i bambini trascorrevano molte ore della loro giornata in un ambiente scolastico convenzionale a scarsa qualità biofila. Affinché i bambini possano godere di un contatto continuativo con la Natura, anche quando sono confinati in ambienti interni, è prima di tutto necessaria una riprogettazione biofila degli ambienti per renderli il più possibile simili agli ambienti di apprendimento in Natura. Le aule biophilic designed riducono il divario tra ambiente di apprendimento interno e ambiente di apprendimento esterno. Questo studio longitudinale suggerisce che i miglioramenti mostrati dagli alunni non possono essere attribuiti a processi di maturazione cognitiva – l’età media dei bambini è rimasta costante nei tre anni –, ma alla possibilità offerta loro di vivere continuativamente in ambienti che stimolano la biofilia e che lentamente modificano anche il loro sentimento di affiliazione con la Natura.
Osservazioni conclusive
Di cosa hanno bisogno i bambini per stimolare la loro biofilia? Prima di tutto i bambini hanno bisogno di trascorrere del tempo immersi nella Natura. Lo stile di vita urbano non favorisce il contatto con la Natura e il contatto con la Natura si è così progressivamente affievolito. Le nostre osservazioni sperimentali rivelano che l’attività didattica condotta all’aperto in un’area rurale montana ad alta qualità biofila è la più efficace nel favorire i processi di apprendimento. Il sistema scolastico tende a privilegiare l’apprendimento all’interno e aule convenzionali. Tuttavia, se è necessario che i bambini in età scolare trascorrano molto tempo in ambienti interni, allora conviene che gli ambienti di apprendimento siano progettati secondo il biophilic design. I maggiori effetti rigenerativi e il maggiore coinvolgimento degli alunni negli ambienti di apprendimento biophilic designed sono verosimilmente da attribuirsi alla fascinazione che la Natura, reale e/o riprodotta, esercita sugli alunni. Gli ambienti di apprendimento biophilic designed garantiscono la continuità al contatto con la Natura. Un contatto con la Natura continuativo e duraturo nel tempo permette di stabilire un’affiliazione con la Natura più profonda, non solo in ambienti montani, ma anche in ambienti urbanizzati e pone le basi per il comportamento pro-ambientale da adulti.